(Testo scritto in preparazione dell’invervista con Wine Tripping Tv linkata sotto)
Storia e biodiversità del Sangiovese
Il Sangiovese, detto anche Sangioveto, è un vitigno a uva nera le cui origini si fanno risalire fin dai tempi degli etruschi che già tremila anni fa lo avrebbero coltivato nella zona oggi tra Siena e Firenze, il Chianti. L’importanza di questo vitigno per i vini toscani porta qualcuno a dire che “Il Sangiovese È la Toscana”, il che è praticamente innegabile, almeno dal punto di vista enologico.
Taluni credono che il suo nome attuale derivi dall’espressione latina “sanguis jovis” o dal Monte Giove, in romagna, o forse esso deriva dal paese di San Giovanni Valdarno.
In ogni caso, studi genetici recenti tendono oggi a indicare che il Sangiovese si sarebbe originato dall’ibridazione tra il Ciliegiolo, uva molto diffusa in Italia e dalle caratteristiche molto particolari e un vitigno dell’Italia del Sud, il Calabrese di Montenuovo, scoperto recentemente in Campania (Calabrese non perché proveniente dalla Calabria, ma perché scoperto da tale Strigari, di origine calabrese). Capire quando sia avvenuta, nell’antichità, questa ibridazione è tutt’altro che semplice.
Anche se non si hanno notizie documentate di questo vitigno che risalgano a prima del XVI secolo, quando il Soderini, nel suo trattato “La coltivazione delle viti”, ne parlò lodandone la “produttività regolare”, l’antichità del Sangiovese è dimostrata dalla grandissima quantità di varietà clonali esistenti. Alcuni parlano di 35, altri di 76 cloni ma personalmente ho potuto contarne 87, su un catalogo dei cloni pubblicato nel 2009.
Per capire quanto sia grandi questi numeri basta fare il confronto con il Cabernet Sauvignon che, sul medesimo catalogo, è riportato in 11 varietà clonali.
Questo significa che nei secoli le variazioni del Sangiovese si sono potute adattare a territori molto diversi tra loro, tanto che alcuni cloni che hanno buon successo in una zona della Toscana, non producono buoni frutti in un’altra, anche non troppo distante. Una simile diversificazione non può che aver richiesto molti secoli.
Vista proprio la sua grande varietà, parlare di Sangiovese in generale non è particolarmente corretto. Si è cercato di mettere ordine in questa grande varietà, introducendo la distinzione di Sangiovese a bacca piccola e a bacca grande, oltreché tra Sangiovese Toscano e Sangiovese Romagnolo.
Il Sangiovese ad acino grosso è largamente usato in quasi tutti i vini rossi toscani più conosciuti, come il Chianti DOCG, il Brunello di Montalcino DOCG (varietà “Brunello”), il Vino Nobile di Montepulciano DOCG (varietà Prognolo Gentile) e il Morellino di Scansano DOCG (varietà Morellino). In Romagna il Sangiovese dà origine, nelle sue varietà locali, al Sangiovese di Romagna DOC.
La tendenza contemporanea è però rivolta a selezionare cloni a bacca piccola per aumentare la concentrazione di polifenoli e tannini della buccia, a scapito della quantità della polpa.
Coltivare il Sangiovese
Si dice sempre quanto è difficile coltivare il Sangiovese. Non si tratta solo di una delle solite lamentele da agricoltore, ma piuttosto di una difficoltà effettiva, legata alla natura delicata e complessa di questa uva.
La prima cosa da considerare parlando della sua coltivazione è l’epoca in cui matura: viene definita uva di terza epoca, ovvero con una maturazione molto allungata verso l’autunno. Questa maturazione tardiva comporta chiaramente dei rischi: si va incontro al freddo e a una diminuzione della quantità di sole. Nelle annate difficili, ciò quelle molto umide e piovose, ciò porta a una maggiore acidità e a una peggiore maturazione fenolica e tanninica, cioè delle sostanze contenute nella buccia e negli acini.
Un altro fattore di complessità è quello della sua sensibilità alle malattie, in particolare all’oidio e alla botrite, complice anche la tardività della maturazione, appunto.
D’altra parte la sua grande vigoria e il suo adattarsi virtualmente a qualsiasi forma di allevamento, lo rendono un vitigno molto versatile e che si adatta a terreni anche molto diversi tra loro, siano aridi, di importante ossatura, calcarei o argillosi.
Vinificare il Sangiovese
L’alta acidità e la mancanza di alcuni complessi fenolici coloranti può creare delle difficoltà anche nella vinificazione del Sangiovese. Spesso può essere un’uva dai tannini molto aggressivi e rudi e, in annate particolarmente difficili dare dei risultati tali da sconsigliare di vinificarlo in purezza.
Da queste caratteristiche deriva l’antica tradizione enologica toscana degli uvaggi. A fianco delle caratteristiche straordinarie del Sangiovese si sono tradizionalmente aggiunti Canaiolo, Ciliegiolo, Mammolo, Colorino, uve bianche come il Trebbiano e la Malvasia e vitigni quali il Cabernet Sauvignon (presente però fin dal XVII secolo), il Merlot e il Syrah.
Un altra tecnica utile a massimizzare l’estrazione delle sostanze dalla buccia è una prolungata macerazione (da 7 a 28 giorni).
Data la tannicità e la freschezza (acidità) dei vini derivanti del Sangiovese esso si presta spesso all’invecchiamento. Per ottenere un cospicuo affinamento dei tannini, tramite la loro polimerizzazione, si utilizzano contenitori in legno che consentono una naturale micro ossigenazione del vino, tra le altre interazioni legno-vino.
Le caratteristiche gustative del Sangiovese
Il profumo del Sangiovese è fruttato, con un’acidità da moderata ad alta e generalmente con un corpo medio, da elegante a robusto e un finale che può tendere talvolta a un leggero amaro. I profumi varietali più comuni nel Sangiovese sono:
frutta: amarena, ribes, more, fragola, mirtillo, buccia d’arancia, prugna;
fiori: viola;
spezie: cannella, chiodi di garofano e timo.
I luoghi e i vini del Sangiovese
Anche se è possibile trovare vigne a Sangiovese un po’ in tutto il mondo, come già detto il Sangiovese è la Toscana e viceversa. In questa regione lo si usa per realizzare vini di altissimo profilo gustativo e di grande notorietà e anche per vini di pronta beva. Esistono anche casi di vinificazione in bianco e in rosato di questo straordinario vitigno.
Nel resto d’Italia il Sangiovese è presente un po’ ovunque, risulta infatti il vitigno rosso più diffuso nel paese.
In generale è usato in uvaggio con altri vitigni quali quelli già citati e altri, quali il Primitivo, il Montepulciano e il Nero d’Avola ma alcuni dei suoi risultati migliori sono ottenuti in purezza (Brunello).
Negli USA il Sangiovese è stato introdotto da immigrati italiani nel tardo XIX secolo, ma la sua importanza nelle coltivazioni americane ha iniziato a crescere soltanto con l’avvento dei Supertuscans. I risultati sembrano al momento non particolarmente buoni, anche a causa dell’eccessiva insolazione di certe aree (e.g. California).
In Australia il Sangiovese si sta lentamente diffondendo fin dagli anni ’60, ma la selezione dei cloni adatti è ancora all’inizio, benché gli sforzi non manchino. Così in Sud Africa e in Sud America.